Negli anni Venti dell’Ottocento, la costruzione della Strada Reale Carlo Felice rese più agevoli gli spostamenti tra il nord e il sud dell’isola. Macomer divenne la “porta” della Barbagia, l'avamposto per partire alla scoperta del Nuorese.
I viaggiatori in Sardegna fra Ottocento e Novecento
Descrizione
Tra i primi resoconti di viaggio c’è Voyage en Sardaigne, de 1819 à 1825 del generale Alberto della Marmora, del 1926 (a cui seguirà, dello stesso autore, l’Itinerario nell’isola di Sardegna, in tre volumi, nel 1960). Qui la Barbagia è descritta con toni da cui traspare il sincero interesse per gli usi, i costumi, l’archeologia e la storia dell’isola, ma anche l’inquietudine per una terra percepita come misteriosa e selvaggia.
Questo sguardo ambivalente, al tempo affascinato e impaurito, prevale in tanti dei racconti dei viaggiatori che raggiungono il cuore dell’isola. Da Gaston Vuillier a Charles Edwardes, da Valery (Antoine-Claude Pasquin) a Edward Lawrence, che dirà ancora nel 1921, nel suo diario di viaggio Mare e Sardegna, che “La Sardegna è un’altra cosa”, sono numerosi gli stranieri che arrivano nell’isola, in cerca di fortuna o semplicemente di esperienze.
La Sardegna è anche meta di etnografi e antropologi, come Paolo Mantegazza o Lamberto Loria, che percorre l’isola, accompagnato dal mobiliere Gavino Clemente, per raccogliere oggetti significativi per la grande Mostra Etnografica del 1911, a Roma, o Julius Konietzko nel 1931, con lo stesso obiettivo, su incarico del Museum für Völkerkunde di Amburgo. E di artisti: i pittori costumbristi spagnoli Eduardo Chicharro y Agüera, nel 1901 e Antonio Ortiz Echagüe tra il 1906 e il 1908 trovano nei paesi dell’interno e in particolare ad Atzara un set perfetto per i loro soggetti folkloristici (alcune loro opere si possono oggi ammirare al MAMA).
Negli anni Cinquanta la Sardegna, in particolare quella dell’interno è oggetto di racconti a volte contraddittori, come i reportage di Carlo Bavagnoli. Il fotografo nel 1958 racconta l’arrivo del modernismo a Orani, con la decorazione della chiesa di Sa Itria e l’esposizione in strada delle sculture di Costantino Nivola, ma l’anno successivo, nel 1959, con Sardegna: l’Africa in casa, realizzato per l’Espresso, racconta l’estrema povertà e arretratezza dell’isola.
La Barbagia come parte della questione meridionale è anche nel racconto di Carlo Levi, Tutto il miele e finito (1964), resoconto di due viaggi, nel 1952 e nel 1962, in cui Nuoro, Orgosolo e Orune sono i paesi che più restano impressi nella memoria dell’autore di Cristo si è fermato ad Eboli.
C’è chi arriva, riparte ma non dimentica, come Elio Vittorini nel 1932, che vince un premio del settimanale L’Italia Letteraria e scriverà tanto sull’isola, sino a Sardegna come un’infanzia, edito da Mondadori nel 1952, e c’è chi resta, come Marianne Sin-Pfältzer, che dal 1955 al 2015 documenta in migliaia di fotografie la società e il paesaggio che cambiano, eleggendo il Nuorese ad osservatorio privilegiato di quel cambiamento.