Nel 1926 Grazia Deledda venne insignita del Premio Nobel per la Letteratura. La giuria le riconobbe una eccezionale “potenza di scrittrice, sostenuta da un alto ideale, che ritrae in forme plastiche la vita quale è nella sua appartata isola natale, e che con profondità e con calore tratta problemi di generale interesse umano.”
I personaggi di Grazia Deledda
Descrizione
Sono questa potenza e questa profondità che ancora oggi rendono le novelle e i romanzi della scrittrice nuorese attuali e affascinanti. I suoi personaggi sono al tempo stesso simbolici e realistici: ci riconosciamo le ambizioni, le speranze e le pulsioni dell’animo umano; ci appassioniamo nel vederli combattere - e molto spesso soccombere - di fronte a un destino ineluttabile.
Sin dagli esordi, le storie di Deledda sono costellate di personaggi alle prese con l’innocenza e la colpevolezza, con la legge morale e con le sue deroghe e infrazioni. Maria ne La via del male (1896) sceglie di guardare dall’altra parte di fronte a una verità scomoda, che distruggerebbe la sua felicità. In Anime oneste (1895) seguiamo attraverso gli occhi di Anna il passaggio di Caterina dall’infanzia all’età adulta, e la sua ricerca della felicità, incurante dell’infelicità altrui.
C’è l’amore, ma anche l’amicizia, come quella di Costantino per Simone in Marianna Sirca (1915), c’è l’innocenza di Pretu in Colombi e Sparvieri (1912), e la furbizia di Zio Berte in Elias Portolu (1900).
Un secolo ci separa dal mondo raccontato e vissuto da Grazia Deledda.
Un mondo di cui la scrittrice racconta, alle volte, l’attualità e le trasformazioni.
In Dopo il divorzio (1902) Deledda immagina un mondo in cui il divorzio è possibile (la relativa proposta di legge del ministro Zanardelli è dell’anno precedente) e in cui Giovanna, per sfuggire alla miseria seguita all’incarcerazione del marito, si risposa, spinta anche dal pragmatismo della madre Bachisia, per ritrovarsi poi al centro della disapprovazione del paese.
Kallina, la vecchia usuraia di Canne al Vento (1913) paga con lo stigma sociale la propria indipendenza e capacità imprenditoriale.
Più spesso i personaggi sono convinti assertori del codice morale che li guida e che spesso si trovano a infrangere.
Annesa, protagonista de L’Edera (1907), “figlia d’anima” della famiglia Decherchi, per salvare dalla rovina economica la famiglia e in particolare l’amato Paulu, uccide il vecchio avaro Zio Zua. Il suo animo tormentato e il suo difficile cammino verso la redenzione rendono questo romanzo un caposaldo della letteratura italiana.
Norme sociali e superstizioni, comportamenti e leggi sono, in parte, molto diversi dai nostri.
Le trasgressioni e gli scandali ci appaiono, a volte, più lievi e più ingiustificabili, se pesati con la bilancia contemporanea. Ma questo non impedisce di cogliere la profonda verità anche in personaggi profondamente legati a quel mondo passato, come Maria Maddalena e Paulo ne La madre (1919). I loro desideri e i loro sensi di colpa, anche alla luce dell’innocenza del chierichetto Antioco, li rendono ancora attuali e universali.
Grazia Deledda aveva anche una verve ironica e brillante, che emerge spesso in racconti o brevi scritti, come nella leggenda di San Michele Arcangelo, in cui la vecchia venditrice di uova Zia Biròra è soccorsa addirittura dall’arcangelo, che le fa dono di cento lire, ma che si rivelerà poi essere un efferato, ma elegantissimo, brigante.