Raffaello Marchi

Nuoro, 28 giugno 1909 -16 aprile 1981
L’esordio di Raffaello Marchi è tutto letterario: nel 1930 l’Editrice Pensiero di Bergamo dà alle stampe il suo Preambolo alla simpatia, un volumetto con trentuno poesie e otto racconti. Il suo destino però non è quello dello scrittore puro, anche perché i suoi interessi culturali sono molteplici, come comprende già durante il suo impiego presso la galleria Il Milione di Roma (1931-1935), che lo mette in contatto con gli ambienti artistici della Capitale; una consapevolezza maturata ulteriormente presso il Centro Sperimentale di Cinematografia frequentato dal 1936 (dove conobbe, tra gli altri, Pietro Germi). E tuttavia, in un certo qual modo, sarà proprio un trasporto “lirico” – nel senso di “epico” – quello che continuerà a sostenerlo nei decenni a venire, quando si distinguerà come uno dei più appassionati studiosi degli usi e costumi della Sardegna e sarà protagonista di pionieristiche ricerche sul campo.
Imprescindibile per una piena comprensione della figura di Marchi è il suo sodalizio, intellettuale oltre che amoroso, con Mariangela Maccioni, “la maestra resistente” di Nuoro sposata nel 1935 e già animatrice, nella sua casa di via Barisone, di un vero e proprio cenacolo antifascista, aperto al dibattito e alla libera circolazione delle idee. Con lei, maggiore d’età di quasi vent’anni, nel 1947 avrebbe fondato e diretto la rivista di cultura sociale di ispirazione filantropica “Aristocrazia”, e più avanti nel tempo, in memoria di questa donna eccezionale che gli fece comprendere la sua vera inclinazione per lo studio demoetnoantropologico della Sardegna, avrebbe contribuito a pubblicare il volume Memorie politiche (1988) e l’autobiografia postuma, consegnandone il manoscritto a Luisa Selis Delogu (edito nel 1995 con il titolo Il mio romanzo. La mia famiglia). È proprio a partire dal comune sentire circa l’importanza della storia e delle tradizioni popolari che Marchi condusse le sue ricerche sul Carnevale nei paesi di Mamoiada, Gavoi, Orotelli e Orani – Le maschere barbaricine venne pubblicato la prima volta sulla rivista “Il Ponte” nel 1951 – o che espresse le sue considerazioni sul rapporto tra dialetto, idioma letterario nazionale e forma mentis/modus vivendi – come nell’introduzione alla raccolta Lingua e dialetto. Poesie bilingui dell’autorenuorese Antonio Mura (1971). Lo stesso si dica per l’approfondimento progressivo delle tematiche etnografiche sarde, sempre con una prevalenza elettiva per l’area geografica barbaricina: le sue competenze in materia sarannotali da comportarne la nomina, nel 1977, alla vicepresidenza dell’Istituto Superiore Regionale Etnografico. Questo, fondato appena cinque anni prima, affiancava nella sua opera di tutela e promozione il Museo della Vita e delle Tradizioni Popolari Sarde (noto come Museo del Costume), costruitocirca un ventennio prima sul colle di Sant’Onofrio allo scopo di custodire il patrimonio di beni materiali e immateriali dell’Isola.
A dispetto dell’assenza di titoli accademici specifici e di competenze scientifiche, Raffaello Marchi diverrà un vero e proprio punto di riferimento per intellettuali e studiosi non solo locali; darà avvio all’esperienza del Teatro Sperimentale Sardo, e alcuni artistidovranno proprio alla sua frequentazione alcune determinanti scelte di percorso: come lo scultore oranese Costantino Nivola, che nel 1967 trovò in lui un punto di riferimento durante i lavori della piazza dedicata a Sebastiano Satta; come il pittore e scultore mamoiadino Giovanni Canu, sensibilizzato sul tema drammatico e ricco di implicazioni antropologiche dell’emigrazione; come il ceramista dorgalese Francesco Masuri, incoraggiato, negli anni Sessanta, alla modellazione dettagliata di figurine antropomorfe in argilla destinate a un grande e positivo riscontro. Le sue pubblicazionidi vario argomento su quotidiani e riviste, presentima episodiche, non sono ancora state raccolte in un’opera omnia (tra gli altri contributi: Il Partito Sardo d’Azione socialista interprete della lotta politica sul quotidiano “Avanti” nel 1949; Dante e la Sardegna su “Il Nuovo Corriere” nel 1955; Cagliari acropoli luminosa su “Tuttitalia” nel 1963); anche le sue importanti ricerche sulle pratiche magiche nella Sardegna, intraprese a partire dagli anni Cinquanta, sono state pubblicate postume nel 2006 nel volume La sibilla barbaricina. Ancora fino alla fine degli anni Cinquanta, inoltre, rari componimenti poetici continueranno a compariresu riviste (“Il Meridiano”, “Il Palio”, “Noi donne”, “Milano Sera”, “Paragone”), e saranno proprio suoi gli accorati versi affissi sulla lapide della moglie Mariangela, scomparsa nel 1958 e sepolta vicino al padre Sebastiano, “educatore del popolo”, e alla madre Giuseppina, “donna di virtù cristiana”: “Di albeggiante cielo/ è fatta l’immagine/ che di te contemplo/ attraversando lo spazio ruggente/ e come nel tuo sonno/ a un azzurro Iddio/ sembri ridente…/ senza più moto intorno/ così risorto/ dalla notte dolente/ al tuo bel ciel piangendo mi fermo/ tutto schianto ancora/ ma di te lucente…” (A Angela).
Un ritratto di Raffaello Marchi, con il caratteristico berretto e gli occhiali dalle piccole lenti tonde e scure poggiati sulla fronte, si trova oggi presso la Biblioteca Sebastiano Satta di Nuoro, quella stessa istituzione per la salvaguardia della libertà del sapere che proprio la sua compagna era stata chiamata a dirigere dal 1943: un “risarcimento”, questo, simbolico e concreto dopo gli anni drammatici della repressione fascista, coincidente con il felice inizio di una nuova stagione di studi che prendeva avvio proprio negli anni Quaranta, e che avrebbe trovato un fine e appassionato interprete anche nella figura del caro “Lelio”.
Bibliografia essenziale
- R. CALVISI, Storie e testimonianze di vita barbaricina,prefazione di Raffaello Marchi, illustrazioni di Giovanni Canu, Cagliari, Fossataro, 1966;
- A. MURA, Lingua e dialetto: poesie bilingui, introduzione di Raffaello Marchi, Nuoro, Edizioni Barbaricine, 1971;
- R. MARCHI, Lettere dalla Barbagia, presentazione di Clara Gallini, Cagliari, EDES, 1982;
- R. MARCHI, Preambolo alla simpatia, Bergamo, Editrice Pensiero, 1930; a cura di Luisa Selis Delogu, saggio di Ignazio Delogu, Nuoro, La poligrafica Solinas, 1984;
- S. NAITZA, Una piazza per un poeta, Nuoro, Ilisso, 1987;
- M. MACCIONI, Memorie politiche, a cura di Raffaello Marchi, Cagliari, Edizioni della Torre; Nuoro, Istituto Superiore Regionale Etnografico, 1988;
- M. MACCIONI, Il mio romanzo. La mia famiglia, a cura di Luisa Selis Delogu, prefazione di Ignazio Delogu, Alghero,Nemapress, 1995;
- R. MARCHI, La sibilla barbaricina: note etnografiche, a cura di Gino Satta, direzione scientifica di Clara Gallini, con la collaborazione di Luisa Selis Delogu, Nuoro, Istituto Superiore Regionale Etnografico della Sardegna, 2006;
- M. CORDA, L'identità culturale nuorese tra mito e storia, Volume Secondo, Cagliari, Arkadia, 2011;
- Salvatore Fancello e la scuola ceramica di Dorgali, catalogo della mostra (Cala Gonone, Scuole Elementari, 2 giugno-28 agosto 2016), testi di Alberto Crespi, biografie di Manuela Flore, Nuoro, ILISSO, 2016
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