Pietro Mura

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Isili, 23 febbraio 1901 - Nuoro, 16 agosto 1966

Se solo avesse voluto, Pietro Mura avrebbe potuto studiare a lungo e con agio. Figlio di un ramaio di Isili, e dunque di famiglia piuttosto benestante, frequentò però le elementari del paese senza profitto e solo fino alla quarta classe. Dopodiché abbandonò la scuola per diventare apprendista presso il laboratorio paterno come gli altri suoi fratelli, ma il sentimento per la poesia nacque in lui a prescindere dalle antologie e dalle lezioni ex cathedra. La sua cultura, frutto di uno studio appassionato come solo quello autodidatta sa essere, si nutrì di letture autonome di autori italiani e stranieri, e le prime prove di composizione “estemporanea” e “a tavolino” si ebbero già nell’adolescenza. A queste, specie dopo il trasferimento definitivo a Nuoro nel 1924 per l’avvio di una bottega in proprio, Mura affiancò il perfetto apprendimento del dialetto locale e delle numerose altre parlate con cui il suo mestiere di artigiano e venditore ambulante lo mise in contatto negli anni. La musicalità linguistica che lo avrebbe contraddistinto era dunque dovuta sia alla professione di ramaio – il cui lavoro è interamente basato e controllato dal ritmo musicale del martello nella modellatura del pane di rame – sia alla frequentazione quotidiana degli altri idiomi, talmente interiorizzati da risorgere poi come espressione primaria e spontanea nei componimenti autonomi. Parimenti, furono proprio questi continui viaggi a fargli conoscere ogni aspetto socioeconomico e socioculturale dell’entroterra: un mondo nel quale non poteva non identificarsi, e che fu per lui una miniera inesauribile di ispirazione.

Gli elementi innovativi e originali della poesia di Pietro Mura erano già presenti in questo andamento binario degli esordi: da una parte senso del linguaggio e studio delle forme metriche e retoriche della poesia (un approfondimento per il quale risultò particolarmente utile e gradito l’aver ricevuto in eredità la ricca biblioteca dello zio canonico della moglie); dall’altra la scelta di temi e argomenti contemporanei, legati alla difficile situazione della Sardegna nel secondo dopoguerra, quando la terra antica di dolore e di pianto si trovava a conoscere drammi nuovi, contemporanei, senza avere ancora dato soluzione a quelli atavici. Un iter poetico che, dopo un primo momento elegiaco e nostalgico, legato alla struttura della rima, si sarebbe presto evoluto verso forme più libere, adatte al trattamento di argomenti di più stringente attualità. Non un tradimento delle premesse poste da un vate della lirica sarda quale l’ammiratissimo Sebastiano Satta, ma un superamento cosciente, avvertito come necessario, di quelle stesse aurorali rivendicazioni identitarie animate da un orgoglio di appartenenza a una stirpe e a una regione; un mutamento di tono, con un abbandono progressivo della solennità per una maniera più aderente al vero senza essere corriva; dunque, l’abbandono progressivo del logudorese illustre per il dialetto specificamente nuorese.

La poesia di Pietro Mura, già stimato da coloro che ebbero modo di conoscerla nel suo farsi, divenne molto nota dopo che l’autore cominciò a partecipare al Premio Città di Ozieri, una gara poetica istituitanel 1956 dal poeta e insegnante Tonino Ledda proprio con lo scopo di valorizzare la lingua sarda a partire dalle sue applicazioni in questo genere letterario; la prima di una serie di manifestazioni analoghe che a partire dagli anni Sessanta si sarebbero diffuse in tutta l’Isola. Mura, uomo e poeta ormai maturo al momento del suo debutto, fu sempre premiatissimo – fino al 1966, anno della morte improvvisa –e sostenuto dalla stima di figure quali il noto avvocato e appassionato di cultura e poesia sarda Gonario Pinna, il giurato storico della manifestazione ozierese Gavino Pau, il demoetnoantropologo Raffaello Marchi e lo scrittore e direttore della rivista “S’Ischiglia” (con la quale “il poeta-ramaio” collaborò fin dai primi numeri) Angelo Dettori.

Quando la morte lo colse a sessantacinque anni, Pietro Mura meditava di raccogliere i suoi componimenti in una silloge, come gli era stato a lungo consigliato;questo compito venne portato a termine solo all’inizio degli anni Novanta dallo studioso Nicola Tanda, mentre già nel 1969 Gonario Pinna, estimatore di una vita ,avrebbe incluso di diritto i componimenti dell’amico nell’Antologia dei poeti dialettali nuoresi, aiutato in questo dal figlio Antonio (presente a sua volta con testi originali) nell’approntamento della traduzione in lingua italiana.

 

Bibliografia essenziale

  • G. PINNA, Antologia dei poeti dialettali nuoresi, Cagliari, Fossataro, 1969; Cagliari, Edizioni della Torre, 1982; Nuoro, ILISSO, 2013;
  • P. MURA, Predu Mura. Sas poesias d’una bida, edizione critica a cura di Nicola Tanda, Cagliari, 2D Editrice Mediterranea, 1992;
  • P. MURA, Predu Mura. Sas poesias d’una bida, nuova edizione critica a cura di Nicola Tanda e Raffaella Lai, Cagliari, Centro di studi filologici sardi, CUEC, 2004;
  • S. TOLA, La letteratura in lingua sarda. Testi, autori, vicende, Cagliari, CUEC, 2006

 

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