Leopoldo Carta

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Nuoro, 1878-1932

Nonostante gli studi tecnici e la laurea in Economia, il maggiore interesse di Leopoldo Carta per le arti e per la scrittura – sia giornalistica che d’invenzione – non avrebbe tardato a emergere. Egli fu, difatti, novelliere, e la sua la raccolta di brevi prose di ambientazione sarda Il regalo di nozze– precedute da un’epigrafe poetica tratta dai Canti barbaricini di Sebastiano Satta, il sonetto Alba – venne pubblicata nel 1922 con una copertina a colori firmata da Carlo Bisi, noto pittore e illustratore del “Corriere dei piccoli”. Stanis Ruinas, scrittore e giornalista, definì queste sue prose “deleddiane”, ma come risulta dal numero 7 della rivista mensile “Sardegna”, pubblicata nel luglio del 1928, pare che l’autore non avesse preso bene questo giudizio: più volte, difatti, aveva commentato nei suoi articoli l’operato del Premio Nobel, non condividendo l’opinione critica che i suoi scritti costituissero «l’illustrazione artistica» di tutta l’Isola, e considerandola «una sognatrice rievocante gli impressionanti racconti che [avevano] turbato le sue notti di fanciulla».

Carta fu poi drammaturgo e librettista d’opera: oltre ad alcuni atti unici, a lui si devono i versi della tragedia lirica Ghismonda musicata da Renzo Bianchi e rappresentata per la prima volta a Roma nel giugno del 1917, un ventennio dopo il debutto di Rossella, il primo melodramma sardo tratto dal romanzo Don Zua di Antonio Ballero (1894), con testi del poeta Pasquale Dessanay e musiche di Priamo Gallisay. Non meno intensa fu la sua vita di redazione, se è vero che fu direttore della “Gazzetta letteraria di Novara” (1908-1910) e di “Il Podestà”, nonché collaboratore di riviste e di alcuni importanti quotidiani regionali e nazionali,da “La Piemontese” a “La Nuova Sardegna”, da “L’Unione Sarda” a “Il Popolo d’Italia” passando per “Il Marzocco” e il “Gazzettino Sardo”.

Come già a fine Ottocento era capitato a Grazia Deledda sulla “Rivista delle Tradizioni Popolari Italiane” diretta da Angelo de Gubernatis, anche Leopoldo Carta avrebbe avuto modo di descrivere la città di Nuoro su un foglio letto in tutta la Penisola, ovvero la rivista “Il Secolo XX”, edita a Milano dai Fratelli Treves. Ma il suo contributo, intitolato L’Atene della Sardegna e pubblicato in data 6 giugno 1910, sarebbe stato di tutt’altro tenore rispetto a quello che la scrittrice aveva approntato anni prima; e questo nonostante già l’enunciazione facesse immaginare un testo di carattere squisitamente dotto. In veste di «giornalista e letterato di bell’avvenire» (e certamente animato da buone intenzioni), Carta diede alle stampe quello che oggi appare come un vero e proprio bozzetto pittoresco, nel quale il capoluogo barbaricino figurava alla pari di un ridente borgo di provincia popolato sia da semplici rustici sia da una élite intellettuale di prestigio. Similmente al futuro Premio Nobel, anche lui intendeva riscattare la città dalla nomea di zona delinquente e di «centro del brigantaggio» per proporla invece quale «terra privilegiata di fervidi ingegni», ma la descrizione evidentemente trasfigurata e ai limiti dell’elegia, non manca di suscitare sorrisi a una lettura contemporanea. Mentre «il fresco soffio primaverile le avviva le gote paffutelle di gaia contadinotta robusta e fiorente», la Nuoro di Leopoldo Carta, cittadina «civettuola e ospitale», si gode i riti quotidiani e quelli festivi – c’è addirittura un matrimonio accompagnato dalla musica di un mandolino – e si compiace dell’avere dato i natali a Grazia Deledda, Sebastiano Satta, Antonio Ballero e Francesco Ciusa. Proprio i ritratti dei quattro intellettuali figurano insieme a La Greggia di Satta, alle riproduzioni di Sa ria di Ballero e di La madre dell’ucciso di Ciusa (per la quale la didascalia della foto in bianco e nero parla inspiegabilmente di «quadro»), e di alcune immagini della città: ecco dunque uno scorcio dell’antica Via Majore, ma anche la facciata della dimora deleddiana; poco importa che la proprietaria – sorprendentemente bella e sorridente nel suo medaglione – viva ormai a Roma da almeno un decennio, e che anche la donnina recante la brocca sul capo, benché fotografata di spalle, dovesse essere in realtà più simile alla sofferente Acquaiola in gesso dello stesso Ciusa invece che alla giovane Mariedda protagonista del goliardico sonetto In s’abba da Pasquale Dessanay (si noti, curiosamente, come questo topossi ritrovi anche al centro del racconto La brocca del marito, contenuto nella già citata raccolta Il regalo di nozze).

Nella conclusione evidentemente soddisfatta di Carta – «per essere il capoluogo di quella che un giorno fu chiamata la zona delinquente, via, conveniamone che davvero non c’era malaccio!…» – trova dunque conferma il desiderio dell’autore di trasmettere un’immagine più che positiva della città natale, «cittadina sperduta fra le balze di leccio e di lentisco e legata al mondo da una piccola ferrovia simile a una caffettiera posata sul guscio d’una lumaca»: un’esigenza di orgogliosa affermazione fatta propria, tra Ottocento e Novecento, anche dai suoi illustri e lodati concittadini, i quali, tuttavia, optarono per vie meno “promozionali”, mediate dalle specificità espressive della narrativa, della poesia, della pittura e della scultura.

 

Bibliografia essenziale

  • L. CARTA, Sacrifizio. Dramma in un atto, Firenze, Tipografia Baroni e Lastrucci, 1899;
  • L. CARTA, La scuola del marito: bozzetto drammatico in versi, Cagliari, Tipografia P. Valdes, 1901;
  • L. CARTA, Il romanzo della Sardegna, in “La Nuova Sardegna”, 8 aprile 1903;
  • L. CARTA, Grazia Deledda e il romanzo della Sardegna, in “La patria. Corriere d’Italia”, 25 agosto 1903;
  • L. CARTA, Il romanzo sardo di Grazia Deledda, in “Il Marzocco”, 21 febbraio 1904;
  • L. CARTA, La réclame, in “L’Unione Sarda”, 22 agosto 1904;
  • L. CARTA, Il monologo, Novara, Tipografia Fratelli Miglio, 1906;
  • L. CARTA, Nell’anticamera dell’amore, Pavia, Tipografia Popolare, 1909;
  • L. CARTA, L’Atene della Sardegna, Milano, Fratelli Treves, in “Il Secolo XX”, Anno IX, N.6, 6 giugno 1910;
  • L. CARTA, Il regalo di nozze: novelle sarde, Milano, R. Caddeo & C., 1922;
  • L. CARTA, Bobi e il telefono, Ferrara, Taddei, 1922;
  • Dizionario degli italiani d’oggi, Roma, A.F. Formiggini Editore, 1928;
  • L. CARTA, Ghismonda. Tragedia lirica in due episodi, musicata da Renzo Bianchi, Milano, Arti Grafiche Giovanni Floritta, 1917; Milano, Casa Musicale Sonzogno, 1918; 1934

 

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