Giovanni Antonio Pirari Varriani

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Nuoro, 1853 - 1934

Nato a Nuoro da una famiglia originaria di La Maddalena, Giovanni Antonio Pirari Varriani aveva studiato a Sassari, diplomandosi all’Istituto Tecnico, negli anni in cui il padre lavorava in città in qualità di giudice ispettore presso il Tribunale. Nel capoluogo turritano si era legato in amicizia con lo scrittore Enrico Costa e, particolarmente, con il pittore Giovanni Marghinotti, al quale si rivolgeva, avido di consigli, nel dare vita ai primi bozzetti. La sua passione per l’arte, che cominciò a coltivare come ogni vero autodidatta – e dunque con un sincero accanimento circa la lettura di riviste e la frequentazione di Musei, Gallerie e Pinacoteche – era destinata a proseguire per tutta la vita, favorita anche da uno status sociale ed economico slegato da contingenze materiali.

Tornato a Nuoro, era entrato a far parte, per così dire di diritto, di quel circolo di intellettuali e artisti che cominciava ad animare la città e che le sarebbe valso presto l’appellativo di “Atene della Sardegna”: figure come quelle di Sebastiano Satta, Francesco Ciusa, Antonio Ballero e Giacinto Satta erano delle habitué della sua casa, dove, da bravo amante della musica, si dilettava a suonare (pare anche molto bene) il pianoforte; un clima sereno e vivace, ricco di stimoli, che avrebbe influenzato in questa direzione anche le scelte dei figli Piero e Antonio. Pirari Varriani ricercava, soprattutto, la compagnia degli amici pittori, interessato a tutte le novità tecniche e stilistiche che il contatto diretto con il loro esercizio poteva fargli conoscere. Con Ballero, che nella prima metà degli anni Dieci produceva i suoi capolavori divisionisti, trascorreva lunghe giornate nell’oliveto-frutteto nelle campagne di Badde Manna, poco fuori Nuoro; da Giacinto Satta, giramondo che aveva conosciuto e frequentato gli Impressionisti e le altre avanguardie parigine, carpiva le intuizioni più moderne della pittura europea. Restava, però, fedele a se stesso e alla sua idea di un’estetica tradizionale dal punto di vista dello stile e, da autentico amatore (esterno dunque al sistema dell’arte) la intendeva assolutamente libera da commissioni e indifferente ai riconoscimenti. La Sardegna di Pirari Varriani, certamente trasfigurata in senso sentimentale come nei quadri di Ballero, avrebbe sempre mantenuto, così come accade nella produzione a tematica regionale di Satta, un piglio ottocentesco, più meramente descrittivo, quasi etnografico: quel mondo agropastorale, conosciuto anche nei suoi aspetti più tragici e neri, meritava di essere fermato per darne una testimonianza che non fosse fuorviata da un eccessivo (e pur presente) lirismo.

A dispetto di questo suo “aristocratico” distacco, Pirari Varriani non mancò di farsi coinvolgere nella vita pubblica nuorese, culturale e finanche politica (per un periodo fu Assessore Comunale alla Pubblica Istruzione). Quanto alla sua partecipazione agli eventi artistici, se si eccettua la mostra allestita a Sassari nel 1892 (che gli valse l’acquisto del suo quaderno di disegni sardi da parte del Ministero della Pubblica Istruzione), sono note le sue decorazioni per due manifestazioni particolari svoltesi a Nuoro presso il salone del vecchio Convento: nel 1901 lo decorò con dei pannelli a tempera in vista del congresso degli studenti universitari di Cagliari e Sassari (per il quale Sebastiano Satta scrisse l’ode Saluto ai goliardi di Sardegna), mentre nel 1908 lo abbellì per l’importante convegno dell’ordine dei medici sul tema della zanzara e della malaria. Tuttavia, l’occasione più nota della sua partecipazione pubblica in quanto artista resta forse la candidatura (peraltro fallimentare) al concorso bandito dal Comune di Nuoro a metà degli anni Venti per la realizzazione di un quadro storico e la decorazione della Sala Consiliare (che sarebbe poi stato vinto dall’oranese Mario Delitala). Ai suoi bozzetti il pittore aveva allegato una sorta di testamento poetico, nel quale dichiarava quelli che sarebbero sempre stati i capisaldi della sua produzione: libertà d’espressione e assenza di vincoli politici e ideologici. In una parola: un inno all’indipendenza.

Di Pirari Varriani restano oggi due immagini parimenti significative, che lo mostrano nella sua accezione mondana e di artista-pater familias: nella prima, una caricatura fattagli dall’amico Ballero nel 1890, appare con gli occhiali, il cappello a tesa larga calato sulla testa, il cappotto mantellato sulle spalle, una mano in tasca e un’altra a reggere un bicchiere di vino, magari in un contesto come quello del Caffè Tettamanzi; nella seconda, la tempera Mio padre nello studio a firma del figlio Antonio, è mostrato in una dimensione più intima, evidentemente anziano e canuto ma ancora impegnato a disegnare, solo apparentemente ignaro di essere osservato dall’erede, intento a carpirne il “mestiere”.

 

Bibliografia essenziale

  • La Sardegna vista da un pittore dell’800. G. A. Pirari Varriani, presentazione di G. Pinna, Cagliari, Fossataro, 1970;
  • E. CORDA, Storia di Nuoro. 1830-1950, Milano, Rusconi, 1987;
  • E. CORDA, Atene Sarda. Storie di vita nuorese. 1886-1946, Milano, Rusconi, 1992;
  • M. CORDA, Corso Garibaldi. Frammenti di cultura nuorese, Nuoro, Il Maestrale, 1994;
  • G. PITITU, Nuoro nella Belle Époque, Cagliari, Edizioni AM&D, 1998;
  • MAN. Catalogo della collezione. Nuoro 6 febbraio 1999, a cura di C. Collu, Nuoro, MAN, 1998;
  • M. CORDA, Elogio del Microcosmo. Saggi di cultura nuorese, Milano, Mondadori, 2001;
  • DNA. Dal Novecento a oggi. La collezione del MAN, Nuoro, MAN, 2011

 

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