Francesco Ganga Cucca - "Maestro Predischedda"

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Nuoro, 25 marzo 1867- 1 dicembre 1924

Non è semplice definire la figura di Francesco Ganga Cucca, noto a colleghi e studenti con il soprannome di “Maestro Predischedda”. Molta “letteratura”, scritta e soprattutto orale, ne ha alimentato una certa tipologia di mito, che lo accomuna per alcuni aspetti a un personaggio altrettanto scapigliato e outsider quale il pittore autodidatta, nonché amico, Francesco Giuseppe Garibaldi Congiu Pes. A differenza di questo, tuttavia, Ganga Cucca godeva di un maggiore riconoscimento sociale, in virtù degli studi e della professione di insegnante; e ciò a dispetto di una didattica poco “ortodossa” (eppure un tempo sostanzialmente tollerata) che oggi troverebbe assai pochi estimatori (secondo alcuni il soprannome “Predischedda”, ovvero “Pietruzza”, derivava dall’abitudine di fare inginocchiare sui sassolini gli studenti più indisciplinati; per altri, invece, ne metteva semplicemente in luce la fisionomia tozza e tarchiata).

Generazioni di alunni sono passati nelle classi di questo singolare pedagogo, alcuni dei quali destinati a futuro successo: come il pittore Carmelo Floris, di cui aveva immediatamente intuito e incoraggiato il peculiare talento artistico. Tra i colleghi che lo onorarono della propria stima ci fu Menotti Gallisay – figlio del possidente don Gavino e fratello del musicista e compositore Priamo – che nel 1927 lo rese addirittura protagonista del volumetto Frate Sole e i Sette Fratelli. In questo testo narrativo sugli intrattenimenti “bacchici” del capoluogo barbaricino – il cui soprattitolo è, non a caso, I vini di Nuoro – Ganga Cucca vi compare per l’appunto nelle vesti di Frate Sole, anima della compagnia di buontemponi che era solita radunarsi in una casetta dell’antico rione di Cuccu Bajos, nella corte detta di Sos Sette Fochiles, dove le gelide serate e nottate invernali nuoresi venivano riscaldate da abbondante e buon vino e da una conversazione tanto dotta quanto goliardica; un’usanza, questa, non disdegnata nemmeno dal poeta-vate Sebastiano Satta e dallo stesso Congiu Pes, che oltre a ritrarre il sodale in un noto disegno in cui appare intento ad accendersi la pipa, arricchì con delle illustrazioni a china proprio il volumetto di Gallisay. In questi come in altri ritrovi, “Maestro Predischedda” aveva modo di dare sfoggio della vivacità e della bizzarria del suo spirito, e specialmente del suo spiccato senso del ridicolo e del grottesco, che non risparmiava nessuna classe sociale e, assai filosoficamente, nessun argomento riguardante l’esistenza umana.

Una versione tanto piccata quanto accorata della sua figura è stata consegnata alla memoria letteraria anche dal giurista e scrittore Salvatore Satta: Il giorno del giudizio (1977) si anima difatti anche della presenza di “Maestro Manca detto Pedduzza”, tratteggio indimenticabile di un uomo in cui il vizio del bere (peraltro affatto esclusivo) si alterna alla virtù della cultura, mentre gli sfottò degli abituali frequentatori del Caffè Tettamanzi si confondono con l’ammirazione degli alunni più riottosi nell’udire il suono commovente della chitarra pizzicata in classe dall’insegnante. Anni prima, un altro giurisperito e appassionato di cultura sarda, il penalista Gonario Pinna, nel compilare la sua Antologia dei poeti dialettali nuoresi (1969) si sarebbe rammaricato di non avere che pochi cenni da inserire a proposito di Ganga Cucca, da lui definito «un irregolare, un originale, un bohémien, uno scapigliato in un paese di pastori», e infine, senza mezzi termini, «un artista», i cui versi di improvvisatore erano purtroppo destinati a vivere prevalentemente nella dimensione estemporanea dell’oralità. Poco o nulla si è difatti salvato dall’oblio: tra queste prove, il famoso componimento Zia Tatana Faragone (una vera e propria ode al vino dal popolarissimo incipit: «Sa bida la professo/ Chin d’una dimizzana») e l’Omaggio all’Albergo Savoia di Nuoro, che quasi fa andare la memoria al Trionfo di Bacco e Arianna composto alla fine del Quattrocento da Lorenzo dei Medici detto il Magnifico: diciassette sestine di novenari imparisillabi (quattro versi in rima alternata, quinto e sesto in rima baciata) la cui chiusa – inneggiante al «Savoia», appunto – è un’esortazione all’allegrezza da godere in un contesto cittadino non troppo dissimile dall’antico Caffè della Posta (ovvero il Tettamanzi).

Tra le altre cose, Ganga Cucca viene ricordato tra i fondatori e gli animatori del Carnevale nuorese, per il quale adattò a travestimento il suo loden fuori misura cingendosi in vita un cordoneda tappezziere che lo faceva somigliare a un monaco vestito del suo saio. E fu, non da ultimo, amante della musica, suonatore di chitarra e di violino, compositore di serenate, di ballabili e… di marce funebri: come quella che venne suonata dalla Filarmonica nuorese diretta da Peppino Rachel in occasione del proprio funerale, conferma ultima non tanto di un temperamento originale e sopra le righe, quanto di un’indole autoironica capace di porsi con leggerezza epicurea su tutte le vicende riguardanti l’essere umano.

 

Bibliografia essenziale

  • E. CORDA, Storia di Nuoro. 1830-1950, Milano, Rusconi, 1987;
  • E. CORDA, Atene Sarda. Storie di vita nuorese. 1886-1946, Milano, Rusconi, 1992;
  • M. CORDA, Corso Garibaldi. Frammenti di cultura nuorese, Nuoro, Il Maestrale, 1994;
  • G. PITITU, Nuoro nella Belle Époque, Cagliari, Edizioni AM&D, 1998;
  • M. PINTORE, Le avventure di un Maestro. Quando “Predischedda” animava il Carnevale, in “La Nuova Sardegna”, 8 febbraio 2000;
  • M. CORDA, Elogio del Microcosmo. Saggi di cultura nuorese, Milano, Mondadori, 2001;
  • S. SATTA, Il giorno del giudizio, Padova, CEDAM, 1977; Milano, Adelphi, 1979; Nuoro, ILISSO, 2002; Nuoro, Il Maestrale, 2006;
  • M. CORDA, L’identità culturale nuorese tra mito e storia, Volume Primo, Cagliari, Arkadia, 2010;
  • G. PINNA, Antologia dei poeti dialettali nuoresi. Le più famose poesie nuoresi con introduzione e traduzione in italiano, Cagliari, Fossataro, 1969;
  • Cagliari, Edizioni della Torre, 1982; Nuoro, ILISSO, 2013

 

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