Francesco Cucca

Nuoro, 25 gennaio 1882 -Napoli, 7 giugno 1947
Quello di Francesco Cucca poteva essere un destino simile a quello di tanti orfani sfortunati nella Sardegna di fine Ottocento, affidati a un tutore legale e inseriti al più presto nel sistema economico agropastorale. E così fu anche per lui, almeno inizialmente, quando poco più che decenne – e con i due fratelli più piccoli, Gaetano e Antonio – si ritrovò in pochi mesi privo di entrambi i genitori. Costretto a interrompere gli studi, nella prima adolescenza fu servo pastore a Nuoro e poi a Fonni, tra il 1894 e il 1895, presso un zio della madre, una figura di vecchio saggio che in qualche modo gli suggerì l’idea dell’emigrazione come necessaria per il riscatto delle giovani generazioni. Proprio questo sarebbe stato, difatti, il suo avvenire: dopo avere lavorato come minatore e come garzone di cantina a Iglesias, dal 1896 al 1902, prese la via del mare diretto in Africa, dove per più di trent’anni (prima di mettersi in proprio) lavorò in qualità di rappresentante, procuratore e amministratore alle dipendenze di una ditta importatrice di legnami (la Lumbroso di Livorno). Un’esperienza di vita, questa nel Maghreb, che lo cambierà profondamente, al punto da imparare la lingua, assumere usi e costumi locali e contrarre anche un breve matrimonio con una fanciulla di nome Gharmia. Qui, nei continui viaggi tra Algeria, Tunisia e Marocco, Cucca esprimerà la sua vera natura di letterato, e si cimenterà nella narrativa breve e lunga (le novelle I racconti del gorbino, del 1909; il romanzo Muni rosa del Suf del 1903-1912, pubblicato nel 1996), nella poesia (le liriche Veglie beduine, del 1912), nella prosa di viaggio (Galoppate nell’Islam, del 1922) e finanche nel saggio anticolonialista (Algeria, Tunisia, Marocco, pubblicato nel 1998).
La sua inclinazione per la cultura, d’altra parte, risaliva già agli anni trascorsi nell’Iglesiente, quando durante le pause trovava il tempo per studiare in autonomia e leggere – oltre ai fogli di tendenza socialista e anarchica – anche i poeti più amati: Giosuè Carducci, Giovanni Pascoli, Gabriele D’Annunzio, Olindo Guerrini e… Sebastiano Satta, quel suo concittadino illustre che più avanti negli anni avrebbe affidato proprio a lui il compito di trascrivere le liriche che sarebbero confluite nei Canti barbaricini (1909). Ma fu il Continente più antico, di fatto, a riaccenderne la passione letteraria e a farlo cimentare in una pluralità di generi; il tutto, si intende, nei momenti di stasi lavorativa, sfruttati fino all’ultimo con la furia tipica dell’autodidatta. Giornali e libri, a quanto pare, non gli mancavano mai, nemmeno durante i soggiorni obbligati nelle foreste, e nel 1914 fu anzi lui a finanziare l’amico Attilio Deffenu, di stanza a Milano, per consentirgli di dare avvio a propria volta all’ambizioso (e presto abortito) progetto della rivista “Sardegna”; il pittore Mario Delitala vi avrebbe anche illustrato con alcuni disegni una coppia di sue poesie, Il piccione viaggiatore e Esaltazione del deserto (quest’ultima dedicata a Paolo Orano).
Il legame con l’Isola e con le sue menti più illuminate non venne mai meno. Oltre a collaborare con “Rivista Sarda”, “Il Nuraghe” e “Il convegno”, Cucca viaggiò sempre molto, specialmente per lavoro, e con maggiore intensità a partire dal primo dopoguerra: non solo percorse per intero il Maghreb, ma fece tappa anche in numerosi centri italiani e francesi, cogliendo l’occasione per fare ritorno a Nuoro all’occorrenza (così come andavano a trovarlo in Nordafrica gli amici, tra cui il farmacista-fotografo dilettante Raffaele Ciceri). L’ultima volta di Cucca nella città natale fu nel 1919, in occasione delle elezioni politiche:da questo momento, le informazioni sulla sua vita – tutte o quasi tratte dal suo epistolario e dai suoi scritti – si fanno sempre più lacunose, forse anche in coincidenza con l’affermazione della dittatura fascista, che evidentemente doveva spiacere non poco a un personaggio come lui, anticlericale, anticolonialista, antinterventista, frequentatore degli ambienti dell’anarchismo internazionale e amico, tra gli altri, di Luigi Fabbri, Pietro Gori, Niccolò Converti ed Ettore Sottovia.
Una parte, nella parabola discendente della vita di Cucca, la ebbero certamente anche i problemi economici, gli stessi che nel 1939 lo costrinsero a lasciare l’Africa; e non dovette essere un addio indolore, per un uomo che ormai la percepiva come una seconda patria, che si era avvicinato all’islamismo e aveva iniziato con naturalezza a vivere, parlare e vestire alla maniera araba. Nel periodo romano, durante il quale mise a frutto le tante lingue straniere di sua conoscenza lavorando come insegnante, interprete, traduttoree pubblicando libri sulle esperienze africane, ebbe pochi conforti. L’incarico burocratico di consulente tecnico presso il Ministero dell’industria tra il 1941 e il 1942, e poi quello di ispettore dell’ENAL (Ente Nazionale Assistenza Lavoratori) a Napoli, ricoperto fino alla morte da lì a cinque anni, appaiono tutto sommato come ingloriosa propaggine burocratica di un’esistenza altrimenti votata alla letteratura e all’arte – passioni alle quali non smise tuttavia di dedicarsi, prendendo parte alla vita culturale della città. Anche la scomparsa – in condizioni di sostanziale solitudine e miseria, a nemmeno settant’anni e per sopraggiunti problemi cardiaci –colse ingloriosamente questa figura d’artista, che aveva condotto con troppo “cuore” un’esistenza sopra le righe. Pochi giorni prima di spirare tra le braccia del nipote Salvatore aveva scritto proprio a lui una sentenza che appare oggi più simile a un oroscopo beffardo:«se bisogna saper vivere, bisogna anche saper morire».
Bibliografia essenziale
- F. CUCCA, Veglie beduine,Ancona, Tipografia Francesco Puccini e figli, 1912; edizione a cura di Dino Manca, Quartu Sant'Elena, Astra Editrice, 1993;
- F. CUCCA, Galoppate nell’Islam,Milano, Alfieri e Lacroix, 1922; edizione a cura di Giuseppe Marci, Cagliari, Condaghes, 1993;
- F. CUCCA, Muni rosa del Suf, a cura di Dino Manca, Nuoro,Il Maestrale, 1996;
- D. MANCA, Voglia d'Africa: la personalità e l'opera di un poeta errante, Nuoro,Il Maestrale, 1996;
- F. CUCCA, Algeria, Tunisia, Marocco: sopraluoghi e constatazioni di un sardo nelle colonie francesi d'inizio secolo, a cura di Dino Manca, Nuoro,
- Istituto Superiore Regionale Etnografico, 1998;
- F. CUCCA, Lettere ad Attilio Deffenu (1907-1917), a cura di Simona Pilia,introduzione di Giuseppe Marci, Sassari, Centro di studi filologici sardi,
- Cagliari, CUEC, 2005;
- M. CORDA, L'identità culturale nuorese tra mito e storia, Volume Primo, Cagliari, Arkadia, 2010
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