Francesco Congiu Pes

Francesco Congiu Pes

La figura di Francesco Congiu Pes, insieme a molte altre della Belle Époque nuorese, è stata trasmessa alla memoria dei posteri dalla trasfigurazione letteraria datane da Salvatore Satta nell’opera capitale Il giorno del giudizio (1977). Qui l’artista, che i concittadini già chiamavano “Conzu Mandrone” (Congiu il pigro), vi era descritto come «un mezzo pittore morto di fame, che nessuno ha mai saputo come vivesse». Nulla di più falso, in verità: “Cossu Boi”, pur autodidatta, era un pittore a tutti gli effetti, non era più ozioso di molti altri nuoresi (lo era semmai perché per la società del tempo la pittura era considerata un “ozio”), e circa il suo sostentamento non vi erano troppi misteri, dato che era solito scambiare i suoi dipinti – in un sistema privo di denaro liquido come pure di una vera committenza – con un equivalente alimentare, e più di rado economico. A questa figura così singolare ma significativa della Nuoro tra i due secoli, morta in solitudine dopo avere abitato per anni al Corso Garibaldi sopra il vecchio Cinema detto Il Pidocchietto – dove non amava troppo ricevere visite mentre era intento a dipingere paesaggi e scenette di vita sarda – il Comune di Nuoro ha dedicato solo nel 1995 una prima mostra retrospettiva. Oggi, cinque sue opere (tra cui un tenero Ritratto di bambina) fanno parte della collezione permanente del Museo MAN, mentre la maggior parte è sotto la gelosa custodia dei collezionisti; un suo dipinto è collocato dietro l’altare della Chiesa di Nostra Signora del Carmelo, Cappella privata della famiglia Guiso-Gallisay edificata all’inizio dell’Ottocento laddove già era la più antica Chiesa di San Leonardo.

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