Bernardino Palazzi

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Nuoro, 22 dicembre 1907 - Roma, 13 novembre 1986

Nonostante gli studi regolari – elementari e ginnasiali – condotti tra Nuoro e Sassari (dove risiede dal 1917 al 1920), Bernardino Palazzi scopre presto la sua vocazione per l’arte in compagnia del coetaneo Giovanni Ciusa Romagna, quando, appena adolescenti, se ne vanno in giro per le campagne e i paesi della Barbagia alla ricerca di soggetti pittorici. Per questo, a soli quattordici anni, parte prima a Roma per frequentare l’Accademia di Francia e imparare disegno e incisione sotto la guida di Carlo Alberto Petrucci, si sposta poi a Firenze dove è seguito dal pittore Felice Carena, e infine si trasferisce a Padova, insieme con la sua famiglia. In Veneto (regione foriera di durature influenze stilistiche) avviene così il suo radioso debutto, recante ancora traccesecessioniste e novecentiste: nel 1925 a Pesaro, con una serie di dipinti di argomento sardo, e nel 1928 alla XVI Biennale di Venezia, la prima di una serie di presenze (fino agli anni Sessanta). Sono, questi, i passi aurorali di un percorso artistico ed esistenziale che lo vedrà sempre in continuo movimento; le prime tappe di un’esistenza votata totalmente e gioiosamente alla pittura, al disegno e all’illustrazione, sempre pronta ad avvantaggiarsi culturalmente e creativamente dei cambi di residenza (Milano dal 1929; Sanremo dal 1950; Roma dal 1958) e dei viaggi: specialmente a Parigi – dove dal 1931 andrà con frequenza – ma anche in Africa nel 1938 e poi nell’amata Sardegna, dove dagli anni Cinquanta in poi farà spesso ritorno e della quale restituirà sempre un’immagine trasfigurata, rispondente a esigenze più stilistiche che realistiche o documentarie (nei carnevali, nelle processioni, già nei dipinti giovanili di ambientazione popolare).

Quella di Palazzi fu una vita, è il caso di dirlo, certamente fortunata e priva di reali angosce, ma proprio per questo talora osteggiata da una critica non compiacente nei confronti di una poetica come la sua, a lungo e a torto giudicata “disimpegnata” a livello politico, etico e morale, con il suo sempre sotteso inno al bello, al buon gusto, ai piaceri dell’esistenza. Egli fu, al contrario – e questo ne costituì la speciale forza distintiva – un artista indipendente e coltissimo, che nell’avere assimilato gli insegnamenti di pittori come Ingres, Cézanne e Matisse era al contempo più che mai ricettivo rispetto al brio intellettuale di un’Italia come quella del “secolo breve”, alle prese con un complicato divenire storico e culturale: come accadde nel 1929, con il trasferimento nel capoluogo lombardo e la frequentazione del cenacolo di Bagutta, i cui animatori –giornalisti, letterati, artisti e critici appartenenti all’ala progressista della borghesia meneghina – avrebbe ritratto in un grande olio nel 1935, esposto a Venezia l’anno successivo (ora al Museo del ‘900, Milano); tra di loro ci sarebbe stato anche Orio Vergani, autore del primo studio sulla sua opera pittorica.

Campo privilegiato dell’espressione di Palazzi sarà la ritrattistica, quasi tutta femminile, praticata negli anni attraverso una cifra espressiva sempre evocante quel “lusso”, quella “calma” e quella“voluttà” che specialmente Matisse aveva individuato in accordi nuovi di luce e di colore, oltre che nel prediletto elemento esotico. A quest’ultimo, peraltro pur presente nellenumerose donne-odalische, Palazzi preferiràil fascino (in)discreto della quotidianità borghese o del nudo esplicito, ricorrente in dipinti, disegni e anche nelle foto del suo nutrito archivio personale, nel quale le modelle, senza veli e a proprio agio nelle pose naturali o suggerite, trasmettono parimenti abbandono e presenza seduttiva. Tra queste primeggerà sempre la moglie Maray Abbove, conosciuta a Milano nel 1940 e sposata sei anni dopo. Ma non mancheranno, d’altra parte, soggetti illustri e ufficiali, vere icone dell’orgoglio nazionale quali il direttore d’orchestra Arturo Toscanini, ritratto nel 1955 (del 1932, invece, il ritratto della figlia Wanda).

L’attività espositiva di Palazzi sarà molto intensa, sia in Italia che all’estero: dal 1931 al 1959 presenzierà con regolarità alle Mostre Quadriennali di Roma; nel 1933 esporrà a Monaco e a Vienna; nel 1947 sarà ricordata una sua mostra personale a Biella, con opere di argomento sacro. Altrettanto frequenti e degne di nota saranno, a partire dal 1935, le sue collaborazioni in veste di illustratore per molte pubblicazioni nazionali di grande importanza e diffusione, quali “Il corriere della sera”, “Emporium” e “La lettura”; proprio su quest’ultima, nel 1936, darà una veste grafica alla novella L’esempio, di Grazia Deledda. L’amore sempre vivo per la sua terra d’origine, la sua storia e la sua cultura, avranno poi una manifestazione più assidua nella seconda metà del secolo: i frequenti ritorni sfoceranno in una serie di opere che esporrà con successo a Parigi nel 1956-57 nei saloni dell’ENIT; nel 1952-53 dipingerà un grande quadro sulla Cavalcata Sarda (attualmente nel salone del Consiglio Regionale di Cagliari); nel 1954-55 terrà un’importante personale al Teatro Civico di Sassari.

Sostenitore convinto di un’arte capace di trasportare l’immaginazione in mondi lontani e talora irreali, Palazzi darà forma, negli ultimi decenni di attività e nel pieno della maturità espressiva, a due cicli di illustrazioni che oggi, insieme con la ricca produzione grafica (anche privata e di studio), ne esaltano il talento immaginifico, la raffinatezza del segno, l’ossessione luministica e la gioiosità cromatica: le trecentoventi tavole a pastello della Storia della mia vita di Giacomo Casanova, pubblicata dall’editore Casini nel 1961, e le quaranta tavole a tempera raffiguranti La Gerusalemme liberata di Torquato Tasso (ultimate nel 1970). Qui, in un avvicendarsi più ariostesco che tassiano di cavalieri, armi, fedi e contese (anche e specialmente amorose) sono ben riassunti tutti i principalileitmotiv che distinsero sempre la vita dell’uomo oltre che dell’artista. Tutti aspetti, di fatto, perfettamente fusi in un’unica identità esistenziale oltre che espressiva; elementi che Palazzi per primo aveva provato a riassumere (senza vera soddisfazione) in un grande dipinto autobiografico di gestazione decennale (1969-1979).

 

Bibliografia essenziale

  • Donne. Disegni di Bernardino Palazzi, con una lettera di Orio Vergani, Milano, Ceschina Editore, 1955;
  • Sardegna. Dipinti e disegni di Bernardino Palazzi, testi di Virgilio Lilli, Milano, Ceschina Editore, 1961;
  • Bernardino Palazzi, Ancona, Bugatti Editore, 1977;
  • Bernardino Palazzi pittore, Milano, Arti Grafiche Pinelli, 1987;
  • R. DE GRADA, Bernardino Palazzi, Nuoro, ILISSO, 1988;
  • MAN. Catalogo della collezione. Nuoro 6 febbraio 1999, a cura di Cristiana Collu, Nuoro, MAN, 1998;
  • R. LADOGANA, Bernardino Palazzi, Nuoro, ILISSO, 2005;
  • DNA. Dal Novecento a oggi. La collezione del MAN, Nuoro, MAN, 2011;
  • M. P. DETTORI, E. PONTIGGIA, Bernardino Palazzi. L’occhio indiscreto, Nuoro, ILISSO, 2016

 

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