Antonio Mura

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Nuoro, 24 luglio 1926 - Bologna, 11 dicembre 1975

Non dovette essere facile, per Antonio Mura, nascere nel pieno della dittatura fascista e assistere alla sua intera parabola. Nello specifico, per lui che era figlio di un noto e apprezzato poeta dialettale autodidatta – Pietro Mura, nativo di Isili ma vissuto a Nuoro – la difficoltà maggiore consisteva nell’accettare le imposizioni culturali di un regime che associava la purezza della razza a quella della lingua, e che censurava le matrici regionali e vernacolari tanto nell’oralità quanto nella scrittura. Per certi “versi” – nel senso più letterale attribuibile a questa espressione – la sua vocazione di poeta in limba, nonché di lettore e poi traduttore appassionato di autori classici e moderni (anche stranieri), ebbe origine proprio in reazione al periodo più ottuso e omologante della storia linguistica italiana. Ma per arrivare finalmente a non tradirsi più, questo futuro scrittore avrebbe dovuto compiere una lunga serie di scelte fuorvianti, che più lo allontanarono dalle sue reali passioni e più gli diedero consapevolezza della sua urgenza del “dire” – cantandola in poesia – la complessa e drammatica realtà sociale della Sardegna del secondo dopoguerra.

Per la pubblicazione della sua prima raccolta di versi, dal titolo “parlante” Lingua e dialetto. Poesie bilingui, Antonio Mura dovrà aspettare il 1971. Avrà quarantacinque anni, e alle spalle un passato di studi tecnici (diplomatosi ragioniere nel 1945 aveva frequentato, senza portarli a termine, i corsi di Economia marittima presso l’Istituto Universitario Navale di Napoli) e di lavori saltuari e poco appassionanti, quando non devastanti dal punto di vista umano (tale fu l’impiego come aiuto-operaio in Germania, nella fabbrica automobilistica della Volkswagen). A quell’età avrà fatto anche l’esperienza della punizione esemplare (in carcere nel capoluogo di regione campano, accusato di distribuzione di materiale anarchico), e soprattutto quella del lutto e della perdita, quando nel 1966 morì l’amato padre Pietro, di cui era stato anche aiutante nel negozio di ferramenta. Dalla sua parte, però, avrà un matrimonio felice con Nereide Spano, sposata il 14 febbraio del 1963 e madre dei suoi quattro figli (di cui uno, Ludovico, diventerà fotografo professionista), e l’esigenza ormai non più rimandabile di tradurre in poesia, e in dialetto nuorese, il proprio vissuto e il proprio sentire.

Nei suoi versi avrebbero trovato forma i molti moti del cuore e dello spirito che negli anni ne avevano forgiato la consapevolezza di uomo e cittadino sardo, nato in una regione dibattuta tra un passato arcaico ma ricco di tradizione e un presente problematico a dispetto del presunto e desiderato progresso: uno “stato dell’arte” lontano dalla pacificazione e dalle consolazioni liriche care alle stereotipie, che tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio dei Settanta necessariamente cercava risposte possibili ai nuovi e molteplici interrogativi. Consapevole del valore della propria arte, e spinto a renderla pubblica anche dallo shock emotivo dovuto alla morte della figura paterna, Antonio Mura prese parte con pari successo del genitore a gare letterarie regionali: nel 1968 la lirica Ammentos de emigrante, basata sulla sua penosa esperienza di esule, gli valse il Primo Premio Città di Ozieri; un plauso replicato nel 1970 – quando la traduzione della Poésie ininterrompue di Paul Éluard gli valse il riconoscimento più importante nella sezione Traduzione – e nel 1971 – quando il veto del regolamento circa l’assegnazione per anni consecutivi venne ovviata con una menzione fuori concorso, il Primo Premio della Sezione Speciale Grazia Deledda e la Coppa del Presidente del Consiglio Regionale Sardo. Nel frattempo, inoltre, la sua figura era stata inserita a pieno titolo nella editio princeps dell’Antologia dei poeti dialettali nuoresi curata da Gonario Pinna e data alle stampe nella primavera del 1969. A questo punto i tempi sarebbero stati più che maturi per dare vita alla già citata raccolta autonoma, dedicata al genitore e approntata con l’aiuto dell’intellettuale e amico Raffaello Marchi, che aiutò a fare una selezione delle molte liriche composte dal poeta in un dialetto scelto per la sua «arcaica, rude bellezza»; l’amico “Lelio” avrebbe firmato anche l’introduzione, dal titolo Dialetto e cultura, nella quale cercava di sciogliere i grovigli ideologici legati all’uso delle varianti linguistiche di prestigio, nell’arte come nella vita quotidiana (la ristampa del 1998, curata da Maurizio Virdis, avrebbe incluso tutti i brani espunti inizialmente, e adottato il titolo vernacolare prescelto in origine dal poeta: Su birde. Sas erbas).

Al debutto tardivo di Mura fece seguito un successo tanto unanime quanto breve: nell’inverno del 1975 la morte lo colse improvvisamente a Bologna, quando cominciava a entrare nel vivo la sua decisione di dedicarsi integralmente alla letteratura, sia con la composizione originale sia con la traduzione in nuorese di quei poeti letti avidamente già dagli anni napoletani, quali Eliot, Auden, Éluard, Valéry, Neruda, Pavese, Fortini; addirittura Esiodo, del quale alcuni brani tratti dal poema Le opere e i giorni erano già stati inclusi in appendice nell’opera d’esordio. Il poeta moriva così da esule, come l’operaio che non aveva voluto essere, quando il suo viaggio, il suo canto, pur maturo, era appena solo al principio.

 

 

 

 

Bibliografia essenziale

  • G. Pinna, Antologia dei poeti dialettali nuoresi, Cagliari, Fossataro, 1969; Cagliari, Edizioni della Torre, 1982; Nuoro, ILISSO, 2013;

  • A. Mura, Lingua e dialetto. Poesie bilingui, introduzione di Raffaello Marchi, Nuoro, Edizioni Barbaricine, 1971; 

  • A. Mura, Und wir, die klugen Mondmeister. Gedichte aus Sardinien, Mit einer Einleitung über Sprache und Kultur der Insel von Raffaello Marchi, Monaco, Huber & Klenner, 1981; 

  • A. Mura, Su birde. Sas erbas. Poesie bilingui, a cura di Maurizio Virdis, Nuoro, ILISSO, 1998;

  • A. Mura, Poesia ininterrompia e campusantu marinu, traduzioni da Paul Éluard e Paul Valéry, a cura di Duilio Caocci, Cagliari, Centro di Studi filologici sardi, Cuec, 2003;

  • S. Tola, La letteratura in lingua sarda. Testi, autori, vicende, Cagliari, CUEC, 2006.


     

 

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