Osidda

Visualizza la sezione: Osidda
Visualizza la sezione: Osidda

STORIA

Situato nella parte centro settentrionale del Nuorese, al limite dell’altopiano di Bitti, Osidda è con i suoi 267 abitanti il più piccolo paese della provincia di Nuoro, pur appartenendo geograficamente e linguisticamente al Logudoro e precisamente alla sub regione del Montacuto.

Confina con i paesi di Nule, Bitti, Buddusò e Pattada. Il territorio, caratterizzato da una parte pianeggiante e un’altra zona molto più selvaggia e scoscesa nel punto di incontro tra il fiume Tirso e il suo affluente Molò, è stato abitato sin dai tempi più remoti come testimoniato da numerosi reperti e siti di epoca neolitica come le tombe dei giganti (le domus de janas, piccole grotte utilizzate per la sepoltura dei defunti, sono molto comuni nella località di Buddusò ma non se ne riconosce traccia nel territorio di Osidda, non so se ve ne fossero ma ad oggi è impossibile trovarne) datate tra il IV e il III millennio a.C.

Nel corso del II millennio a. c. si sviluppò nella zona la civiltà nuragica , che ha lasciato numerosi nuraghi (15 in totale), un villaggio nuragico (Si tratta del villaggio di Seris, a cui è molto vicino il luogo di culto di Romanzesu, che però si trova nel comune di Bitti, si suppone che il primo fosse funzionale al secondo come luogo di sosta e commerciale per soddisfare le necessità dei pellegrini) e tre tombe dei giganti.

Tutti i nuraghi erano collocati in posizione strategica per la difesa, alle estremità dell’altopiano, in quanto la zona costituiva una importante area di passaggio tra le regioni settentrionali e quelle centro-meridionali dell’isola e soprattutto tra la zona di approdo costiero di Olbia e la vallata del fiume Tirso, che nasce tra queste montagne.

L'importanza di questa zona accrebbe in epoca romana con la costruzione di una strada denominata “per mediterranea” che congiungeva Olbia con Cagliari attraversando le zone interne.

La prima citazione di Osidda si ha nell’opera La Focide dello storico greco Pausania (II secolo d.C), il quale narra di come un gruppo di ateniesi guidati da Iolao, nipote di Ercole, giunse in Sardegna e qui fondò la città di Olbia e la città cosiddetta “sorella” di Agrile/ Ogrille, il cui nome riprendeva sia quello di uno dei condottieri della flotta ateniese Ogrylos che quello di una località della nativa Grecia.

Il nome di Ogrille viene nuovamente menzionato dagli storici in occasione di una ambasciata inviata dai popoli d’occidente a Babilonia, presso Alessandro Magno.

Il canonico Spano da Ploaghe nella sua opera “ Testo ed illustrazione di un codice cartaceo del secolo XV” del 1859 conferma l’identificazione dell’antico borgo di Ogrille con l’attuale Osidda, citando la presenza di diverse iscrizioni in lingua greca, probabilmente appartenenti ad un tempio, rinvenute nel letto di un torrente lì vicino.

Si pensa che il nucleo originario del paese fosse nella località di Monte Santu Paulu, dove sono ancora visibili i ruderi della chiesa rurale di San Paolo.

Il centro godette di un certo sviluppo anche in epoca romana, in cui era conosciuto come Ogrilla; nel periodo immediatamente successivo alla caduta dell’Impero Romano di Occidente ( seconda metà del V secolo d.C) e durante l’Alto Medioevo, le notizie sull’area di Osidda sono piuttosto frammentarie. Non si hanno informazioni certe sull’influenza della dominazione bizantina anche se è possibile che la religione greco – orientale abbia comunque lasciato le sue tracce nel culto della Madonna e dei Santi.

Durante il periodo giudicale il paese venne incluso nel Giudicato di Torres, sotto la curatoria del Monteacuto. Il matrimonio tra Adelasia di Torres e Ubaldo Visconti del giudicato di Gallura, celebrato nel 1219, accrebbe l’importanza dell’area in cui sorge Osidda, proprio per la sua posizione di collegamento tra i due giudicati.

Alla morte di Adelasia e con il successivo indebolimento del giudicato di Gallura, la curatoria del Montacuto venne trasferita al Regno di Aragona e divenne un feudo della famiglia Tellez – Giron fino alla soppressione del sistema feudale nel 1839.

La popolazione è rimasta sempre costante nei secoli anche in presenza di pestilenze e carestie perché la sua posizione, in alto e isolata, la difendeva dai contagi e i ricchi pascoli consentivano una certa autonomia.

Il pittoresco centro storico conserva la struttura originaria delle basse casette in granito, ornate di balconcini in ferro battuto, che conservano al loro interno le travature e le pavimentazioni originali in legno.

Spicca in modo particolare l’ottocentesco Palazzo Delogu, appartenuto ad una ricca famiglia di possidenti terrieri e caratterizzato da una altana ad archi nella sua parte superiore, divenuta il simbolo del paese. 

 

AMBIENTE

Il territorio ha una superficie di circa 26 kmq ed è attraversato dai fiumi Tirso e Molò. E’ stato incluso dal 2017 nella Riserva MaB “Tepilora, Rio Posada e Montalbo” appartenente alla Rete Mondiale UNESCO delle Riserve della biosfera.

Il paese è circondato da boschi di querce da sughero e roverelle, abitate da numerose specie animali tra le quali conigli e gatti selvatici, volpi, martore e sparvieri. È possibile compiere itinerari di interesse naturalistico e archeologico grazie ad una rete di sentieri ben segnalati ed attrezzati, facilmente percorribili a piedi, a cavallo o in mountain bike.

Il più importante dei circa 15 nuraghi presenti nel territorio comunale è il Nuraghe Usanis, che veniva descritto dall’archeologo Antonio Taramelli come “ una costruzione complessa formata da due torri congiunte da un muraglione attraverso al quale si apre il passaggio che solo dà l’accesso alla terrazza dominata dalla duplice torre. Da questa terrazza si accede alla maggiore torre a sinistra, più bassa, con traccia di camera semplice”.

Oltre al nuraghe Usanis il Taramelli elenca e descrive, anche se in maniera meno accurata, quelli di Cherenule, Selis, Fra Zuighe, Sa Raighina, Pira Torta, Biddè, Arainidde o Iscolbalzu, Curtu, Nuratolu, Merula, Santu Paulu, Orrolò, Nidu de su Colvu e Santa Maria.

Purtroppo sono per la maggior parte diroccati e quindi non visitabili all’interno. Nella località de S’impiccadolzu, a nord del centro abitato, si erge un imponente menhir di circa 7 metri chiamato “ Sa perda e Santu Paulu “, tra i più alti della Sardegna. Sono presenti anche numerose aree attrezzate con tavoli e panche dove è possibile sostare, come presso il nuraghe Merula.

Nel Parco Comunale si trova anche una zona sportiva con piscina, campi da tennis, calcio e bocce. 

 

CULTURA

La forte identità pastorale e agricola (seppure in minor parte) rende Osidda un paese molto legato alle tradizioni, fortemente condizionate dall’andamento delle stagioni e dall’ambiente naturale.

La chiesa parrocchiale di Sant’Angelo, situata nel punto più alto del paese, è stata costruita nel XIII secolo ed è stata dedicata a Sant’Angelo di Gerusalemme. All’interno della chiesa si conservano numerosi documenti antichi in lingua spagnola e logudorese, oltre ai registri parrocchiali.

Il 5 Maggio di ogni anno viene celebrato il martirio del Santo, mentre il 14 Maggio ne viene ricordata la sepoltura.

Il 27 agosto si svolge invece la festa principale che unisce festeggiamenti civili e religiosi . Dopo la processione religiosa viene organizzata una cena comunitaria che coinvolge tutto il paese e termina con canti e balli tradizionali.

Nella piazza principale del paese, all’interno della vecchia caserma, è possibile visitare l’allestimento di un presepe in miniatura con personaggi che indossano gli abiti tradizionali dei paesi sardi. L’opera è stata donata dall’artista Speranza Pischedda come segno di affetto nei confronti della comunità. La biblioteca è molto attiva e funge anche da centro di aggregazione culturale. Al suo interno è possibile visitare una mostra di antiche foto del paese. Nel suggestivo centro storico è possibile visitare lo splendido palazzo Delogu, e pernottare all’interno delle antiche abitazioni nelle quali è stato creato un albergo diffuso.

La cultura gastronomica ha le sue radici nella tradizione agro-pastorale, e quindi sono molto presenti sia i prodotti della terra (orticoli ma anche spontanei) che tutti i derivati animali. Tra queste particolarità troviamo  sas cocchittas de patatu, focaccine di patate cotte su una foglia di cavolo, il pane di Sant'Antonio, confezionato in onore del Santo il 17 Gennaio e il pane delle anime, che viene prodotto in occasione della ricorrenza della morte di un familiare. Un altro piatto tradizionale sono sos maccarrones lados, una pasta fresca a forma di ostia, preparata tradizionalmente per la festa dei morti (alcuni la preparano anche il 15 di Agosto).

Tra i dolci ricordiamo  sas cattas a imbudu, ossia frittelle a spirale il cui l'impasto, per via della sua consistenza, va versato attraverso un imbuto.

Una tradizione di Osidda è la preparazione de su càbude, un dolce tipico del primo dell'anno, che prima di essere consumato viene spezzato sul capo del figlio primogenito dal membro più anziano della famiglia con l’accompagnamento di formule rituali.

Su càbude ha origine antichissima, pare risalga all’epoca pre-cristiana e sembra essere legata alle celebrazioni che romani praticavano per il dio Giano (Ianus) il primo giorno di gennaio, quando si scambiavano un pane.

È possibile gustare i prodotti della gastronomia nei numerosi agriturismi situati nei dintorni del paese e acquistare il pane e il formaggio, in particolare quello vaccino, prodotti dalle aziende locali. Tra le attività artigianali spicca la tessitura dei tappeti tradizionali, confezionati con lana tinta con colori naturali da un laboratorio del luogo.

 

Ph. Archivio Aspen, MC Folchetti

 

 

FO-0019 (1)